L'ERRORE STRATEGICO

Liberamente tratto da "Storia dell'Italia partigiana" di Giorgio Bocca

 

La battaglia di San Martino è la risposta nazista alla resistenza passiva. Per resistenza passiva non s'intende il rifiuto del combattimento, ma la speranza di arrivare alla liberazione con minori danni possibili. Al comando del gruppo dei resistenti c'è il tenente colonnello dei bersaglieri Carlo Croce, salito da Luino alle vecchie fortificazioni del San Martino, sopra Varese.

A fine settembre si sono aggiunti al gruppo civili milanesi e ufficiali d'altri reparti, come il capitano di artiglieria Enrico Campodonico e il sacerdote Mario Rimonta.

Croce è un ufficiale coraggioso e onesto, che sente l'impegno morale della Resistenza, scegliendosi un nome di battaglia come "Giustizia", dando al suo gruppo il motto "Non c'è fango sul nostro volto". Ma come altri militari di carriera, stenta a capire i veri caratteri della guerra partigiana e commette l'errore di credere imminente l'arrivo degli anglo-americani, insistendo nella vana speranza di poter durare in posizione difensiva.

L'attacco tedesco inizia il 13 novembre, con la collaborazione dei carabinieri e della guardia di finanza, che si prestano a fare da cordone sanitario attorno al monte e lungo il confine svizzero.

La battaglia è anacronistica: di posizione, come nella guerra alpina del '15-'18. Gli uomini di Croce resistono per l'intera giornata e il 14 si ritirano nelle fortificazioni alte. L'aviazione tedesca bombarda le caserme e taglia i rifornimenti dell'acqua. Croce e i suoi riescono a filtrare fra le postazioni degli assedianti e a rifugiarsi in Svizzera nella notte del 15 novembre.

Le perdite tedesche furono notevoli: non i duecento morti citati nelle relazioni del Comitato di liberazione, ma sicuramente almeno una trentina. L'esperienza del gruppo di S. Martino è la raccolta degli errori che un gruppo partigiano deve evitare: il restare armati in attesa, la guerra di posizione e la concentrazione in poco spazio.

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