Nel Varesotto, come in tutta Italia, la Liberazione si colloca convenzionalmente il 25 aprile 1945, che coincide con la liberazione della città di Milano.
Nel Luinese, in realtà, la battaglia proseguì fino al 30 aprile, quando una colonna di 50 garibaldini raggiunse Luino, ponendo fine alla lotta e ripristinando l'ordine in città.
I Garibaldini (Brigata "Walter Marcobi") intimarono la resa al presidio della Guardia di Finanza, che mise a disposizione del C.V.L. tutte le sue armi.
I patrioti occuparono la caserma, e successivamente presidiarono la diga e la centrale elettrica di Creva. Lo scopo era di evitare atti di sabotaggio da parte dei fascisti che non si erano ancora arresi. In comune si insediò il C.L.N. che subito entrò in funzione. I garibaldini iniziarono i rastrellamenti nella zona ed effettuarono i servizi di blocco nelle località più importanti, nel tentativo di stanare i fascisti che avevano trovato rifugio nella zona di San Martino.
Il momento era grave e richiedeva molto impegno nell'amministrare la giustizia, anche se questo poteva significare fucilare centinaia di persone.
Alla periferia di Varese fu organizzato un campo di concentramento per rinchiudere i fascisti più pericolosi.
Alle Bettole fu eseguita la sentenza di morte di Enzo Savorgnan Conte di Cormons responsabile, tra l'altro, dell'uccisione dei sette fratelli Cervi.
Tra gli altri fascisti fucilati vi erano il commissario di P.S. Bellomo, che si era distinto per particolare accanimento contro antifascisti ed ebrei; l'agente dell'UPI Malnati, uno dei partecipanti all'uccisione di Walter Marcobi; Gagliardi, il maresciallo Avanzi e Gervasini, appartenenti alla brigata nera e distintisi per la loro ferocia nei rastrellamenti; il comandante delle brigate nere Zambon, Conti, Mignona e Cappelletti, responsabili dell'uccisione del tenente degli alpini Carletto Ferrari.
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