PIERO CHIARA

"L'8 settembre ha sorpreso me come tutti i varesini di allora, in una giornata bellissima di autunno. Ero seduto al Caffè e vedevo arrivare degli autocarri militari: chiedevano a noi la strada per la Svizzera. Era una fuga: l'esercito italiano si stava dissolvendo. Venivano mandati a Ponte Tresa, Laveno, Gaggiolo e molti di questi militari trovarono rifugio sul monte San Martino. Mi toccò vedere da Luino le bombe che cadevano sulla vetta del San Martino e polverizzavano l'antica, millenaria chiesetta e snidavano quegli eroici soldati che si erano lasciati assediare sulla cima del monte." Una buona parte riuscì a penetrare in Svizzera: fu la prima colonna che si inoltrò nella nazione neutrale, seguiti da borghesi, in gran parte israeliti, politici, antifascisti e militari sbandati.

Le autorità svizzere avevano un atteggiamento molto umano: la Svizzera attrezzò sistemi di baraccamento e adibì anche a ricoveri degli internati molti alberghi, case di riposo, orfanotrofi. Un po' ovunque si sentiva questa ombra di quasi invulnerabilità e di solidarietà: la popolazione era generosissima, cordiale, fraterna, ci accolse con grande familiarità. Si stava benissimo, anche se si lavorava dall'alba alla sera, si era finalmente liberi. Non importava come si era conquistata questa situazione, se bisognava possedere più di 5000 franchi e se era necessario attraversare un tubo di cemento. Non era facile per la Svizzera continuare la sua politica di neutralità, circondato com'era dalle forze nazi-fasciste ma prevaleva questo senso di solidarietà, di fratellanza contro una situazione così avversa.

"Non mi accorsi dell'alba che trovai raggiante davanti quando misi piede sul primo sentiero. Invadeva il triangolo di cielo della valle del Tresa e io vi andavo incontro veloce, scivolando e cadendo sul terreno bianco di brina. Superando il canalone del fiume entrai nei prati e camminai guardingo fino al margine dello stradale che serpeggiava biancastro nel bruno dei campi. Dopo qualche incertezza attraversai di corsa la strada e il terreno coperto, e dopo poco, risalito un versante, camminavo leggero e spedito tra le vigne spoglie, ai margini di un bosco. Non osavo ancora dirmi che ero salvo, ma le cose che incontravo, un barattolo vuoto, un pezzo di giornale, una busta ingiallita, già salutavano il mio arrivo nel recinto della salvezza." Volume di memorie degli anni '50