La caduta…

Il Comando tedesco prosegue intanto le sue trame spionistiche e il 5 novembre 1943 vengono riassunti i dati raccolti, con i quali si accertava con precisione l'esistenza del "Gruppo" partigiani con i suoi effettivi, le postazioni, le fortificazioni e il materiale bellico.

L'11 novembre il Segretario federale di Varese fece sapere al Col. "GIUSTIZIA" che era disposto a venire a trattative; a tale proposta il colonnello rispose negativamente riaffermando il proprio indomito spirito patriottico ed incitando i suoi uomini ad essere uniti, pronti a sostenere una impari lotta ormai prossima.

Quando il Comando tedesco ebbe la soffiata che i partigiani stavano preparando un collegamento radio con il Comando alleato, decise di passare all'attacco.

Nella notte dal 13 al 14 iniziò l'azione e le forze destinate a tale scopo ricevettero l'ordine di recarsi sul posto e di accerchiare la zona occupata dai partigiani, ma per un errore di indicazione le forze nazi-fasciste giunsero sulla località nelle prime ore del giorno.

Nel pomeriggio del 14 iniziò la battaglia vera e propria.

Lo schieramento principale tedesco riuscì ad impadronirsi dopo un'accanita lotta della vetta del S. Martino ed a catturare sei prigionieri. Col calare della notte subentrò una relativa calma e gli uomini si prepararono allo scontro dell'indomani, che si prevedeva duro ed aspro con scarsissime probabilità per i partigiani i quali si trovavano completamente assediati senza possibilità di aiuto. All'alba del giorno 15 i tedeschi iniziarono nuovamente l'attacco da S. Michele con forze raddoppiate con l'appoggio di tre bombardieri che colpirono in pieno la Caserma di Vallata. Verso le 17.30, l'esito del combattimento volse a favore degli attaccanti i quali, però, furono indotti a maggior cautela dal sopraggiungere della notte. Fu così possibile la ritirata; radunati gli uomini rimasti il Ten. Col. Croce decise di portarli in salvo raggiungendo il confine svizzero. Mediante una fortunata marcia notturna il "GRUPPO" passò il confine alle 2.30. Padre Mario rimase in Italia a compiere la sua missione aiutando i feriti che non avevano potuto seguire i fuggiaschi nella loro marcia.

I cadaveri dei partigiani ebbero quantomeno una degna sepoltura grazie al Mons. Prevosto di Canonica il quale fu poi interrogato e costretto a una peregrinazione dal Questore di Varese.

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