FRONTIERA DI LIBERTA'

Il rapporto sull'attività in favore di ex prigionieri alleati, fa riferimento a dei precedenti rapporti ufficiali in possesso delle Autorità Alleate. Il suo scopo è quello di aggiornare e aggiungere tutti i dati, in base alla documentazione successivamente raccolta, che per ragioni di sicurezza non potevano essere forniti in periodo clandestino.

L'organizzazione del centro era strutturata in diverse attività:

collegamento con la frontiera per conoscere le condizioni dei transiti;
organizzazione dei transiti da Milano verso la frontiera mediante il ricevimento dei prigionieri arrivati dalle zone vicine fino a Milano, il loro appostamento; vista la disorganizzazione che ne risultò, si decise di decentralizzare i transiti in quattro zone cui furono assegnati un certo numero di passaggi di frontiera. Le zone furono stabilite così: Piemonte (frontiera della Val d'Ossola e di Luino), Lombardia (esclusi Brescia, Bergamo e Varese), Emilia (passaggi del basso lago di Como), Veneto (passaggi dell'alto lago di Como e della Valtellina);
raccolta di fondi, acquisto e deposito indumenti, scarpe, medicinali, armi e viveri;
contatti con gli alleati; nessun contatto fu stabilito via radio, solo verso la metà del 1944 fu fatta pervenire la prima relazione alle autorità alleate svizzere. Tramite i corrieri che tenevano i contatti con la Svizzera si provvide alla corrispondenza diretta dai prigionieri alle loro famiglie.

Tra le località di accesso al centro c'era Intra, dove i prigionieri giungevano a mezzo battello da Laveno e venivano presi in consegna dalle guide all'imbarcadero, e Ghiffa, dove, invece arrivavano in barca da Caldé.

Il passaggio della frontiera a Luino avveniva principalmente in due punti: dal Monte Lema verso la Svizzera e da Voldomino.

Il passaggio del Monte Lema venne abbandonato per arresti di alcune guide. Il centro di raccolta si trovava a Caldè, prima stazione ferroviaria dopo Laveno, dove i prigionieri facevano sosta per essere fatti proseguire via lago sino ad una località sulla strada Luino - Colmegna: qui le guide li prendevano in consegna portandoli direttamente alla frontiera con un cammino di circa cinque ore. Se le condizioni di sicurezza lo permettevano, essi venivano condotti a Luino per ferrovia e qui affidati alle guide; in alcuni casi essi scendevano dal treno a Porto Valtravaglia e da qui venivano imbarcati.

In Voldomino paese si stabilì un centro di frontiera a cura dell'agente del servizio don Pietro Folli che ne fu responsabile dal settembre al dicembre del 1943, data del suo arresto; egli tenne contatti con le guide provvedendo a rimborsare le spese sostenute. Ospitò inoltre prigionieri ed agenti, raccolse denaro e viveri e provvide all'organizzazione delle spedizioni.

Ai prigionieri provenienti dal centro di Cittiglio, che accedevano a Voldomino, era concessa una sosta d'alcune ore.

Dopo di che venivano accompagnati durante la notte con scorta armata a Mesenzana (Valcuvia), dove venivano presi in consegna dalle guide di frontiera che li portavano al confine presso Voldomino.

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