NUCCIA CASULA


Nuccia Casula nasce il 19 giugno del 1921 nella casa dei nonni materni, il padre di Nuccia (Marcello Casula) era un soldato e aveva partecipato alla prima guerra mondiale meritandosi due medaglie d’argento al valor militare. Ben presto la famiglia si trasferì a Como dove il papà prestava servizio nell’esercito e dove Nuccia frequentò le scuole elementari, dopodiché trasferitosi il padre a Varese, Nuccia frequentò dal 1934, il Ginnasio “Cairoli” della città. Marcello Casula appoggiò fin da subito la lotta dei partigiani disposti a sacrificare la propria vita per la libertà del loro Paese, Nuccia diede immediatamente pieno appoggio all’azione del padre, anzi era stata lei stessa a mettere in contatto i due congiunti con il C.L.N. di Varese il 14 settembre 1943. Il compito di Nuccia era quello di tenere il collegamento fra le formazioni del San Martino in Valcuvia e il raggruppamento guidato dal padre ed il C.L.N. varesino.Conclusasi a metà novembre del 1943 la battaglia sul San Martino con la conseguente morte del gruppo partigiano capitanato da Carlo Croce, Nuccia continuò la sua attività di raccolta di informazioni sui piani operativi delle SS e delle Brigate Nere nel Varesotto. Rimase a Varese per diversi mesi incurante del pericolo e abilissima nello sfuggire agli appostamenti che contro di lei venivano tesi,nonostante ciò la polizia fascista continuava la caccia all’uomo. La famiglia Casula nell’anno 1944 lasciò Varese per recarsi a Milano, in seguito raggiunse Piacenza e poi Prato Barbieri, un piccolo centro dell’Appennino dove si organizzarono i gruppi partigiani per la resistenza. Nuccia trovò un clima di antifascismo differente da quello varesino, le formazioni partigiane erano organizzate molto bene militarmente ma accanto ad essi si erano infiltrati profittatori ed avventurieri senza scrupoli che infangavano la Resistenza con isolati episodi di rapina e di violenze. Il Compito di Nuccia all’inizio dell’inverno del 1944 fu quello di tenere i contatti con i vari gruppi, portare ordini, raccogliere informazioni e procurare indumenti per i combattenti. A Prato Barbieri ci fu la conclusione della lotta. Il colonnello e la famiglia vennero circondati dai tedeschi nell’abitazione che fungeva da comando. Il colonnello e Diego, fratello di Nuccia, riuscirono a raggiungere, inosservati una camera del piano superiore. Entrati nella casa i tedeschi incominciarono la perquisizione, ma non trovarono altro che Nuccia e la mamma. Fu interrogata la mamma: “rispose di essere sfollata da Bologna senza documenti, e alloggiata presso un’amica”. Credettero alle sue parole. Fuori la mitragliatrice continuava la sua lugubre musica. I partigiani consapevoli della posizione dei prigionieri, tentavano di liberarli. Improvvisamente un colpo di fucile colpì in fronte Nuccia che stava prodigandosi per nascondere le armi nascoste nella casa. La mamma seppellì la figlia nella neve. Il padre ed il fratello non poterono neppure vederla. Dopo aver atteso qualche tempo essi decisero di fuggire e saltarono dalla finestra, uno dietro l’altro. A Diego il colpo riuscì, il colonnello invece fu catturato e a Bettola, dove fu trasferito, confessò di aver lottato contro i fascisti fin dall’8 settembre 1943. In quel freddo gennaio 1945 si persero le tracce del colonnello Casula, ma molto probabilmente fece parte delle centinaia di prigionieri liquidati senza processo e massacrati in gruppo dai fascisti in pieno accordo con le autorità germaniche. Nuccia Casula, dopo la morte rimase sepolta per qualche giorno sotto la neve finché la salma di Nuccia venne trasferita nel piccolo cimitero di Obolo accanto ad altri partigiani caduti durante quel tragico rastrellamento. Nel giugno 1946 la città di Varese riaccolse le spoglie dell’eroica partigiana. Ai funerali, svoltisi nella basilica di San Vittore, parteciparono numerosissime persone. Sulla facciata della basilica era stata posta questa scritta: “A Nuccia Casula che per l’avvento della nuova Italia offrì i suoi giovani anni”.